La disinfezione con i raggi ultravioletti

Le lampade che emettono energia luminosa ultravioletta, non visibile per l’occhio umano, trovano spazio ideale nella costruzione di impianti per il trattamento dell’aria, dell’acqua e delle superfici, perché svolgono un’azione di abbattimento dei germi patogeni realizzando una bonifica ambientale inarrivabile con altre tecnologie di disinfezione. Tutto questo senza sviluppare sottoprodotti nocivi per l’uomo e l’ambiente.
Il primo impianto pubblico per la disinfezione dell’acqua potabile con ultravioletti, fu realizzato a Marsiglia, in Francia, nel 1910. La concomitante pratica di utilizzare il cloro, disinfettante allora emergente, considerato efficace e di basso costo, relegò gli UV ad applicazioni speciali, prevalentemente industriali. Dagli anni 70, per l’accresciuta attenzione dell’opinione pubblica verso i sottoprodotti chimici del cloro, che hanno dimostrato di costituire un serio pericolo per la salute dell’uomo, l’interesse per la disinfezione dell’acqua con ultravioletti si è rinnovato. Oggi i sistemi UV, in ambito pubblico, sono largamente usati nel trattamento dell’acqua potabile e dei reflui depurati, contribuendo, in quest’ultimo caso, alla costituzione di risorse alternative di acqua da impiegarsi nell’irrigazione e nelle reti idriche industriali. La gamma delle applicazioni è divenuta molto estesa e non ci sono più limiti di trattamento per quantità di larga scala.

UV di San Puoto

UV Le Sirene Potenza

UV Mediterranea delle Acque

Le basi foto-biologiche della tecnica UV

L’effetto dei raggi UV sui microrganismi si può definire come un intervento di demolizione fotochimica del DNA, che impedisce alla cellula di riprodursi. Ciò avviene in corrispondenza dell’esposizione della cellula a radiazioni nella gamma UV-C, tra 200 e 310 nanometri. Si è dimostrato che la maggiore efficacia nella riduzione di colonie batteriche, si ottiene con radiazioni a 265 nanometri, emesse solo dalle lampade a media pressione. Le lampade a bassa pressione, con un’unica emissione a 253,7 nanometri, hanno efficacia minore di circa il 15% e non riescono, tra l’altro, ad impedire il fenomeno della fotoriabilitazione del batterio.

Il dosaggio dei raggi ultravioletti

La capacità di disinfezione della radiazione ultravioletti, si esprime in termini di percentuale di sopravvivenza, di una determinata popolazione di microrganismi, evidenziando quanti di questi, in percentuale, sono in grado di riprodursi, dopo l’esposizione agli ultravioletti.
Il danno sul microrganismo è il risultato dell’energia UV che lo colpisce per il tempo che ne è sottoposto. La “funzione” risultante è definita Dose UV ed è indicata, prevalentemente, in mJ/cm².
Tra le varie specie di microrganismi, la sensibilità ai raggi ultravioletti è diversa anche in modo notevole e dipende da vari fattori:

  • la frequenza delle “sequenze di basi”, nel DNA, sensibili agli UV.
  • la disponibilità e la forza dei meccanismi cellulari,per riparare i danni prodotti dagli UV.
  • la permeabilità, agli UV, delle membrane cellulari esterne.

Per l’Escherichia Coli, ad esempio, attualmente batterio “guida” per l’inquinamento dell’acqua, la Dose UV necessaria per la riduzione del 90% delle sue “colonie”, indicata come D10, è di 5,4 mJ/cm2.
Per ottenere riduzioni superiori al 90%, ove necessario, si applicano dosi multiple in funzione del risultato desiderato. Per ogni microrganismo conosciuto e catalogato, c’è un D10 diverso. Per la disinfezione dell’acqua potabile è di recente emersa la pratica di applicare la Reduction Equivalent Dose, detta RED, che basa l’efficacia del trattamento UV su valutazioni biodosimetriche.
La conseguenza di questa scelta, più conservativa e in linea con la maggior tutela della salute pubblica, implica valori di energia UV anche doppi rispetto all’impiego della dose UV average, di 40 mJ/cm², considerata fino a qualche tempo fa sufficientemente adeguata.
La disinfezione di acqua potabile con UV si propone oggi con particolare attenzione per l’eliminazione di Cryptosporidium parvum e Giardia. Dosaggi maggiori possono essere necessari, per altre applicazioni, dipendendo ciò da diversi fattori quali l’assorbimento che il “mezzo” da disinfettare offre nei confronti dei raggi UV, il tipo di microrganismo e le esigenze di riduzione batterica richieste dallo specifico trattamento.

Sorgenti tecniche dei raggi UV

Le radiazioni ultraviolette, emesse in natura dal sole, sono oggi riprodotte artificialmente da speciali “lampade” costituite da un involucro di quarzo tubolare, nella cui atmosfera, satura di gas di mercurio, è prodotta una scarica elettrica.
La pressione di questo gas, all’interno dell’involucro, determina la quantità di energia ed il relativo spettro di emissione.

Tipologia dei dispositivi di emissione UV

Limitandoci ai dispositivi dedicati alla disinfezione ed altre applicazioni industriali, sono rilevabili tra quelle in uso, due tipologie di lampade prevalenti:

  • Bassa pressione (Low Pressure)
  • Media pressione (Medium Pressure)

Gli elementi che adottano la tecnologia a bassa pressione, hanno una pressione interna del gas di mercurio minore di 103 Pa corrispondente a 10 mbar.
L’emissione UV di queste lampade è definita monocromatica poiché la relativa curva ha una “campana” strettissima con picco a circa 254 nanometri. Un’altra sola emissione, a circa 185 nanometri, è utilizzata per fenomeni di fotolisi. Le lampade a bassa pressione sono dotate di filamenti agli estremi, il cui riscaldamento, per un breve tempo, favorisce l’innesco della scarica elettrica. In queste lampade l’impiego di altri elementi, quali l’Ittrio, in “amalgama” al mercurio, consente un’emissione di maggiore energia, a parità d’ingombro, ed una sostanziale insensibilità alle variazioni di temperatura.
Gli elementi a media pressione sono definiti “lampade ad arco” (ARC tube) ed hanno una pressione interna, del gas di mercurio, di valore 104 – 106 Pa corrispondenti a 100 mbar – 1 bar. Pur con dimensioni di circa due terzi inferiori, hanno energia UV-C di circa 10-15 volte maggiore a quella delle lampade a bassa pressione. L’emissione UV di queste lampade è definita policromatica, perché la curva di emissione ha una “campana” ampia, con diversi picchi di emissione, utili per il processo di disinfezione ed altre applicazioni fotolitiche.
All’interno della curva di emissione di queste lampade, è disponibile il picco di massimo livello a 265 nanometri, che è stato rilevato essere quello di maggiore influenza nel processo di demolizione del DNA dei microrganismi.
Le lampade a media pressione non hanno filamento e l’arco è innescato dalla pressione interna e da un valore di tensione, in corrente alternata, che va da 600 a 900 V circa. Le lampade a media pressione sono impiegabili con basse temperature dell’acqua e fino ad oltre 70 °C, con valori di emissione in pratica costanti.
L’emissione UV delle lampade a media pressione ha un’elevata quantità di energia intorno a 190 e 350 nanometri, che sviluppa importanti reazioni fotochimiche nelle molecole complesse. Nelle acque destinate ad uso potabile l’applicazione, in associazione con altre sostanze ossidanti, quali il perossido d’idrogeno, è spesso risolutiva per l’eliminazione di taluni pesticidi.

Unità d’irradiazione UV

Per ottenere una riduzione di batteri elevata e affidabile, nella maniera anche più economica, è necessario che i raggi UV siano applicati in modo opportuno:

  • Con l’illuminazione, il più uniforme possibile, dell’area di esposizione ai raggi UV.
  • Con un flusso dell’acqua il più costante possibile, nell’area di esposizione ai raggi UV.

Le unità di disinfezione UV più efficaci, si sono rilevate quelle in condotta di acciaio inossidabile, che operano sotto pressione o per caduta.

La trasmittanza

L’acqua può contenere sostanze disciolte che rappresentano un problema per l’efficacia del processo interferendo con il coefficiente di assorbimento dei raggi UV nell’acqua.
Questo fattore, espresso in %/cm, è definito Trasmittanza e deve essere compensato, a seconda delle applicazioni, con una maggiore emissione di energia UV.
I solidi in sospensione invece, entro certi limiti, non interferiscono direttamente con la capacità di trasmissione dell’acqua ma possono formare dei “coni d’ombra” che impediscono ai raggi UV di colpire i microrganismi. Nel definire i dati di progetto di un impianto UV questi elementi devono essere tenuti in buona considerazione.

Campi di applicazione

L’impiego delle radiazioni UV trova particolare applicabilità dove è richiesto per l’acqua un elevato standard di qualità batteriologico e chimico.

Applicazioni in piscine pubbliche

Una citazione a parte, per la sua rilevante importanza, merita l’impiego degli UV in piscina. La disinfezione come finora descritta ha in questo campo applicativo, infatti, un ruolo secondario rispetto a quello che le lampade a media pressione svolgono nei confronti della riduzione dei sottoprodotti tossici e nocivi del cloro.
Con questo processo si attiva una vera e propria riabilitazione ambientale dell’acqua e dell’aria, che aumenta il benessere dell’ambiente per i nuotatori e lo staff.
Per questo scopo è prevista una dose UV di almeno 60 mJ/cm2, doppia di quella necessaria per la sola disinfezione che, per questo motivo, risulta di maggiore efficacia.

Modi applicativi

L’unità di disinfezione UV deve, per buona ingegneria, essere posizionata in stretta prossimità al punto di utilizzo. Ciò è particolarmente importante quando l’acqua trattata contiene un grado elevato di sostanze nutrienti per i batteri, come l’acqua di scarico dei depuratori destinata al riutilizzo in impianti industriali, reti antincendio, irrigazione, ecc.
Queste precauzioni, insieme alla buona progettazione del sistema d’irradiazione consentono agli impianti UV di costituire un metodo di disinfezione affidabile capace di eliminare qualsiasi tipo d’inquinamento batteriologico.
Già nel 1998 i raggi ultravioletti hanno ottenuto il riconoscimento di unico metodo praticabile per l’abbattimento delle famiglie di microrganismi patogeni, virus, muffe, alghe e altri batteri, refrattarie ai tradizionali metodi di disinfezione dell’acqua.

La soddisfazione dei nostri clienti.

Gestione e manutenzione dei sistemi UV

Tra i fattori che possono costituire un incentivo all’impiego dei raggi ultravioletti, bisogna considerare anche il disagio degli operatori del ramo nei confronti della movimentazione di sostanze chimiche pericolose che devono essere trasportate anche in luoghi impervi con aumento dei rischi per il personale addetto.
Anche per questo motivo i costi di gestione delle metodiche chimiche assumono spesso una rilevanza elevata. Per i sistemi a raggi ultravioletti le spese rilevabili su base annua, sono determinate essenzialmente da:

  • Energia elettrica;
  • lampade di ricambio;
  • Manutenzione ordinaria;

I moderni sistemi ultravioletti hanno misuratori del livello di emissione che indica l’invecchiamento delle lampade o anche il loro imbrattamento e sono equipaggiati con dispositivi automatici di pulizia integrati che ne assicurano le migliori prestazioni nel tempo.

Applicazioni Utravioletti

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